TRADUZIONE DI TRADUZIONE? PERCHÉ NO? di Nicola Minnaja – Literatura Foiro 293 – junio 2018

Il Corriere UNESCO ora appare anche in esperanto; a ciò conribuiscono approssimativamente trenta esperantisti di diverse nazioni, i quali traducono i testi scelti dallo staff redazionale.

È questo il titolo di un articolo di Zlatoje Martinov, pubblicato nel numero 295 della rivista culturale in esperanto “Literatura Foiro La fiera letteraria”. Prenderò lo spunto da alcune interessanti osservazioni di quell’articolo per fare alcuni commenti, basati sulla mia esperienza personale, cominciando con un ricordo del mio ginnasio. Mettiamoci nella giusta prospettiva temporale. È noto che molte lingue si cristallizzarono nella loro forma “classica” accettando un modello. Per il latino questo accadde nell’età augustea, e il modello erano le epopee omeriche (e, secondo la tradizione, Virgilio sul letto di morte chiese di distruggere l’Eneide perché inferiore); il tardo latino e il tedesco si uniformarono alle traduzioni della Bibbia. Lo studio dei classici italiani si polarizzò sulla triade Dante-Petrarca-Boccaccio. In epoca napoleonica si formò una élite culturale italiana, la cui figura più rappresentativa fu Ugo Foscolo, fondatore nel 1797 della “Società per l’istruzione pubblica”, che aveva il suo corrispettivo politico nella prima bandiera italiana, nata nel 1796. Alla sua Società Foscolo volle dare un voluminoso Piano, che contemplasse la conoscenza dei capolavori della letteratura mondiale, accettati come tali in quell’epoca, e del latino. Sul latino Foscolo ebbe qualche resipiscenza, e la sua ammirazione per Napoleone lo portò a sostituirlo col francese. Però Napoleone lo deluse, e Foscolo emigrò in Inghilterra, dove morì.
Quando nel 1861 nacque il Regno d’Italia, non c’era più Foscolo per definire i programmi scolastici. Ministro della pubblica istruzione fu nominato Gabrio Casati, che estese a tutta l’ltalia le leggi che già vigevano in quello che era stato il regno di Sardegna. Nel 1923 quel dicastero fu affidato al filosofo Giovanni Gentile, che riformò completamente la scuola, dalle elementari all’università. Il programma del ginnasio (i primi cinque anni del liceo classico), comprendeva la conoscenza di Iliade, Odissea ed Eneide attraverso versioni italiane.
La situazione era questa. L’Eneide era stata tradotta nel XVI secolo da Annibale Caro, l’Odissea nel XVIII da Ippolito Pindemonte, nello stesso XVIII si cimentò con l’Iliade Foscolo stesso, che fu distratto dai turbinosi avvenimenti di quel secolo. Si prese l’incarico un poeta molto popolare allora, Vincenzo Monti, che però non conosceva il greco. È vero che esistevano traduzioni latine, e Monti si appoggiò a loro, ma non poté sottrarsi al velenoso epigramma di Foscolo: “Ecco Monti, poeta e cavaliero / gran traduttor dei traduttor d’Omero” Proprio quella “traduzione di traduzione” si imparava al ginnasio a 12 anni. Possiamo ben dire, con Martinov, che il risultato è una ”traduzione di traduzione”, per cui la “versione di passaggio” o “versione intermedia” è quella dei traduttori di età augustea, sicuramente degna di fiducia per i liceali italiani, che del resto probabilmente si interessavano di più dei duelli e delle imprese amorose, che della forma poetica, la quale si era completamente persa nella conversione degli esametri originali in endecasillabi sciolti.
Veniamo ora ad un argomento completamente diverso. Il Centro di Studi Biblici di Montefano mette in rete la traduzione delle omelie domenicali in lingue diverse, fra cui c’è anche l’esperanto. L’omelia è un commento a passi del vangelo, che sono già stati tradotti in esperanto nel 1990 e inseriti nel messale liturgico a cura di una commissione guidata Wladyslaw Miziolek vescovo ausiliare di Varsavia. Allora c’è una “versione di passaggio” o ”versione intermedia”, ma è già in esperanto, e non è modificabile, non si tratta di verificare la correttezza del la “versione intermedia”, ma dell’originale, su cui disputano i teologi. Peraltro, la formula dell’Angelus “ed abitò fra noi” può significare in mezzo a noi” (in esperanto “inter ni” o “nel nostro cuore” in esperanto “en ni”). E nel “Padre Nostro”, che è riportato nel “Fondamento” e quindi fa parte dell’eredità della lingua esperanto a partire dal congresso di Boulogne sur_Mer, che cosa significa “non indurci in tentazione”? D’altra parte, può succedere che l’omelia voglia mettere i puntini sulle i, segnalando variazioni del testo cristallizzatesi col passare dei secoli, e quindi precisa “il testo vero è questo”. Quando succede, confesso (ma c’è proprio bisogno di confessarmi?) che riporto il testo del messale, emendato però perché sia in accordo con l’omelia.
Fra gli esempi portati da Martinov mi soffermo su uno, in cui l’esperanto è stato proprio la lingua della “versione di passaggio”. È un libro per ragazzi, il “Giornalino di Gian Burrasca”, tradotto da Umberto Broccatelli, pubblicato da Edistudio nel 2009 e poi tradotto in hindi da Probal Dasgupta, che in seguito scrisse un interessante saggio sull’adeguamento del testo all’esperienza dei ragazzi indiani. Questa traduzione ebbe un premio per la sua adesione a un programma di scambio culturale, ma non ho trovato dati sulla sua penetrazione effettiva nel mercato indiano.
Secondo Maetrinov, la traduzione in esperanto di capolavori scritti in lingue poco diffuse può aumentarne la conoscenza: in effetti, l’ultimo libro della collana “Oriento-Okcidento” capolavoro della letteratura galiziana “Le memorie di un ragazzo di campagna” non è ancora stato commercializzato in italiano.

Richiamo ora una nuova iniziativa editoriale: il Corriere UNESCO viene pubblicato anche in esperanto grazie ad approssimativamente trenta esperantisti di diverse nazioni, i quali traducono i testi scelti dallo staff redazionale e al contributo economico della redazione cinese. In realtà queste traduzioni in esperanto sono “traduzioni di traduzioni”: gli originali sono in lingue meno diffuse, e la versione in esperanto parte dai testi in inglese e francese. Ci si accorge che l’autore scriveva nella propria lingua madre ma c’era stata una revisione da parte di un esperto che conoscesse la situazione locale.

Un’ultima osservazione. Wikipedia può essere letta in esperanto. L’impressione è che la traduzione sia automatica, ma di alto livello, però ogni utente, che si sia procurato il diritto di accesso, può modificarla, non solo per ragioni strettamente linguistiche, ma per introdurre modi alternativi di vedere le cose. Non sono riuscito a capire, guardando le versioni a partire da lingue che conosco, se ci siano coppie di lingue privilegiate per una “versione di passaggio” migliore.

Questa voce è stata pubblicata in ARTICOLI, Autore e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento