LA TELA D’UN VIGANÒ di Giuseppe Campolo

e gli sberleffi meritevoli di studio

In tempi in cui necessita ardimento, petti orgogliosi e intrepidi sorgono dalla massa umana, senza temere per le proprie sorti. Che ce ne siano a iosa al giorno d’oggi tutti possono vederlo infiamma il mio entusiasmo.

Fra quelli però mi pesa non tutti sono disinteressati ribelli mi pesa e mi fa triste. E gran pena mi dà Carlo Maria Viganò, ragno tessitore. Non tenterò mai di sottrarre onore a un coraggioso: lui certo lo è. Ma è pure qualcos’altro difficile da definire, da decodificare. Almeno così sembra, stante il numero di desiderosi di libertà che gli si accodano, lo prendono a vessillo, lo vogliono usare come ariete o rompighiaccio dal muso d’acciaio o zattera che li porti in Parlamento.

Egli accoglie in pieno la tesi del progetto tirannico mondiale, ormai ben provata da arrischiati pionieri della storia civile; ma per metterla al servizio di un alternativo dominio, che è d’obbligo chiamare teistico. Pagherei per accedere al suo retro-pensiero. Ma egli è stato addestrato alla dissimulazione e ne è un maestro. Ma, chiedo, egli pensa o volponeggia? Questo è l’inglorioso mistero.

Mentre sembra che dia ristoro ai bistrattati avvisatori del Reset infame, con il suo prestigio di eparca, li irretisce nella sua lotta particolare di potere, nel nome del dolce Cristo, che con le fazioni non c’entra nulla.

Vedo la delusione di un prossimo domani, il crollo psicologico di quanti oggi si fanno forza di lui, il nichilismo in cui cadranno, la loro prevedibile corruzione conseguente.

Tra i rivoluzionari, ammirevolmente composti o inesteticamente scomposti, neanche tra i filosoficamente atteggiati si vedono meditazioni profonde su un assetto più razionale del mondo e, alla fine, più giusto. Si tratta sempre lo dico con un certo spavento della lotta per sostituirsi al potere vigente.

Sarò disattento. Non ho sentito qualcuno che si domandi della vera utilità dei partiti, per esempio. Li legalizza, è vero, la Costituzione. Ma io non dico che siano illegali, dico soltanto che essi perpetuano il malcostume delle fazioni che lottano per il potere. Non si dovrebbe riflettere sulla opportunità o meno di togliere loro legittimità? Del bene pubblico chi è veramente deputato?

Se i Parlamentari fossero eletti fra una lista di auto-candidati, non sarebbero essi più liberi di ragionare su ciò che è meglio fare nell’interesse collettivo?

Gli sberleffi che avranno (e hanno avuto) queste ipotesi di studio che non meritano considerazione, non dovrebbero essere oggetto di studio?

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