ANSIA di Annalisa Farinello

SOLAMENTE LE OPINIONI CHE ABBIAMO DELLE COSE, CI TURBANO (Epitteto)

Si parla molto di ansia, di persone ansiose, di situazioni ansiogene. Parlare di ansia è un po’ come parlare della febbre, sappiamo di averla ma sappiamo esattamente che cos’è? Se possiamo definire la febbre una reazione di difesa del nostro organismo di fronte ad un agente patogeno, l’ansia che funzione ha?
L’ansia è quello stato di “attivazione” fisiologico che parte dalla Formazione Reticolare Attivante Ascendente del tronco del nostro cervello e che, attraverso un complesso processo biochimico di neurotrasmettitori come adrenalina, noradrenalina, serotonina, cortisolo e gaba, ci mette nelle condizioni di rispondere agli stimoli dell’ambiente esterno in modo adeguato e, dovrebbe quindi avere una funzione adattiva.
Si sono fatte molte classificazioni dell’ansia in relazione agli eventi che la provocano, le più frequenti che nella pratica clinica lo psicoterapeuta si trova di fronte sono:
Ansia sociale – si teme il parlare in pubblico, trovarsi a confronto con più persone, essere osservati mentre si lavora, non saper portare le proprie idee o ragioni in una discussione anche pacifica ecc.
Ansia specifica per una situazione ben definita – sostenere un esame, confronto con persone dell’altro sesso, contesti nuovi ecc.
Ansia generalizzata – si teme sempre che succeda qualcosa a se’ o agli altri.
Ansia da prestazione così frequente nei disturbi sessuali.
Tutte le situazioni ansiogene hanno in comune la capacità di suscitare uno stato di eccitazione che si manifesta con alterazione di alcuni parametri fisiologici, molto diverso di quando tranquillamente stiamo seduti a leggere un libro oppure straiati in riva al mare a goderci il sole.
Se il nostro organismo fosse sempre nella stessa “attivazione” come in vacanza in una bella giornata al mare, non supereremmo mai un’esame, un colloquio di lavoro e anche la persona a cui teniamo ci riterrebbe come minimo “addormentati”.
Cos’è allora che chiamiamo ansia e che spesso ci blocca nelle situazioni invalidandone il risultato in toto o in parte?
Qual’è dunque la funzione positiva, adattiva, quella di preparare il nostro organismo a rispondere in modo adeguato a richieste esterne diverse?
Prendiamo come esempio la nostra automobile: una quantità di carburante in difetto o in ecceso produce lo stesso risultato; il motore perde colpi o si “ingolfa”.
Succede anche a noi, quando la nostra F.R.A.A è poco o troppo attivata, il risultato delle nostre azioni rischia di essere ugualmente compromesso.
Che cosa regola quindi la giusta quantità, per così dire, di attivazione in relazione allo stimolo esterno a cui dobbiamo rispondere?
Qui entra il gioco il nostro sistema cognitivo, i nostri pensieri e il valore che diamo al risultato delle nostre azioni.
Questo è intimamente legato al giudizio del mondo esterno e, a quanto la nostra autostima sia dipendente da queste valutazioni.
Fin dalla più tenera età interiorizziamo modelli di riferimento che la famiglia e la società in qualche modo ci impongono.
Ci vogliono tutti bravissimi, bellissimi, eccellenti in qualche campo, protesi verso il successo e il denaro sembrano essere gli unici parametri con cui ci si può confrontare; è questo il peso che, anche incosciamente, ci portiamo addosso.
Chi commette una “stupidaggine” viene definito spesso stupido, ed è questo giudizio totalizzante che temiamo.
Una persona con un buon livello di autostima conosce i suoi pregi, i suoi punti di forza, le sue abilità, ma è anche consapevole dei suoi limiti, dei suoi difetti, delle sue fragilità, delle cose che non conosce e non sa fare. E’ nella sua interezza di persona la sua forza, è disponibile ma non si fa manipolare, non teme il giudizio degli altri, non tende a creare un’immagine di se’ diversa, si presenta com’è, sa dire “non lo so” senza sentirsi in imbarazzo, “non mi interessa” senza sentirsi privo di interessi, sa dire di no senza sentirsi in colpa. Si relaziona positivamente con gli altri indipendentemente dal contesto in cui si trova.
Tanto più il nostro giudizio di valore sarà condizionato da fattori esterni, tanto più saremo facile preda di quell’ansia, che non solo non ci aiuterà, anzi, ci penalizzerà.
Il timore del giudizio, il sentirsi sempre sotto esame crea un circolo vizioso e l’ansia diventa anticipatoria, cioè cognitivamente la situazione che si teme si anticipa in un processo cover creando quello stato di attivazione che “ingolfa” il nostro sistema di risposta.
L’ansia è sempre in relazione a situazioni che noi viviamo come pericolose, pericolose per la nostra autostima, pericolose perché temiamo l’insuccesso, perché irrazionalmente pensano che un errore ci renda sbagliati, perché temiamo di non essere accettati, di non rispondere alle aspettative e alle richieste che ci vengono fatte dalle persone che amiamo.
Molti disturbi somatici che non trovano riscontro nel campo medico, sono spesso imputabili a una sindrome ansiosa.
L’ansia intesa come fisiologica attivazione, è positiva e non può essere eliminata. E’ necessario imparare a gestirla attraverso una più corretta valutazione cognitiva: dobbiamo dare il giusto peso ai nostri bisogni interiori, abbandonare l’idea di apparire per poter essere, liberarci dalle idee irrazionali e irrealistiche, diventare finalmente attori e non spettatori della nostra vita.

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